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Mulino di Bucafonda
I resti del mulino si raggiungono scendendo lungo la strada che dal campo sportivo del Gabbro conduce all'impianto di depurazione.
La località “Bucafonda” prende il nome dalle caratteristiche orografiche del luogo, qui infatti, il torrente disegna una stretta ansa e compie un salto di livello che supera i dieci metri. Grazie a queste caratteristiche naturali, il luogo fu scelto dai progettisti dell’epoca per costruirvi un complesso molitorio costituito da un mulino “principale”, fornito di una ritrecine e di una ruota verticale, e da un piccolo mulino di "ripresa" ad un solo palmento.
Riferimenti storici
Il primo riferimento certo di questo mulino"a ruota” e ad "un palmento" risale al 1619, allorché i registri fiscali dell'epoca lo individuano con precisione: “appiè di Capofico", un botrello che ancora oggi sfocia in sinistra idraulica del Sanguigna presso Bucafonda. Ma le sue origini sembrerebbero più antiche, una cartello appeso al suo interno riportava infatti la seguente scritta: "Questo mulino nel 1600 era già antico".
In un riferimento confinario del 1795 la citazione "mulin nuovo dei Sig.ri Finocchietti" lascerebbe pensare ad un recente intervento di ristrutturazione dell’opificio.
La costruzione del mulinetto di ripresa deve essere avvenuta nei primi anni del secolo XIX, infatti, nel plantario allegato all’Estimo di Castelnuovo della M.dia (1795) è rappresentato un solo edificio mentre nella mappa catastale del 1823 gli edifici risultano due. La vita produttiva di questo piccolo opificio fu relativamente breve, in quanto alla fine dell'Ottocento risultava già dismesso.
Alla luce dei resti attualmente presenti, il mulino di Bucafonda poteva avvalersi di quattro unità macinanti: due dipendenti dalla ruota verticale e due dalle ritrecini. Nel 1922 furono apportate sostanziali modifiche alla struttura dell’impianto principale ed ai macchinari. Il mulino cessò l’attività nel maggio del 1946.
L’edificio principale presenta gravi problemi strutturali con alcune pareti e un solaio a rischio di crollo. Sulla facciata che guardava la ruota si legge (a fatica) una scritta con vernice nera dove è riportata la data: 1922.
Un'altra iscrizione, incisa sulla parete di fondo del carcerario, riporta la data: “20 settembre 1922”, verosimilmente quella in cui terminarono i lavori di ammodernamento dell'impianto. La gora, di notevoli dimensioni, era collegata direttamente alla serra e addossata all'edificio del mulino mediante un possente muro a scarpa.
Il mulinetto di “ripresa”, costituito da un modesto edificio di forma rettangolare, si componeva di due vani sovrapposti. Del piano delle macine rimangono solo i muri perimetrali. Addossata ad una parete si trova una “soprana” in gabbro con ancora incise le scanalature (rabbigliature) per l'espulsione della farina. Il carcerario, che ospitava la ritrecine, è ben conservato, così come il piccolo bottaccio posto superiormente. Attualmente i resti di questo mulino sono quasi completamente sommersi da detriti, terra e vegetazione.
Particolari del Mulino di Bucafonda allo stato attuale:
Fotografie del mulinetto, risalenti al 2000: