Il barrocciaio - Parco Culturale di Camaiano

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Il barrocciaio
Fino agli anni '60, prima che esistessero gli attuali camion, nei paesi di campagna veniva chiamato il Barrocciaio per il trasporto di grossi carichi; se ne contavano almeno una decina ogni Paese, ed erano adibiti al trasporto merci durante tutto l'arco dell'anno.
Famosi Barrocciai del Gabbro sono: Rosso D'Aille (cioè figlio di Achille), Giusti Brunetto del "Cieo di Ghezza" (perchè il padre, Ghezza, era cieco), Cioni Bruno, Adone ed altri ancora.  
Il barrocciaio viaggiava spesso per conto di terzi con un carro particolare, appunto il barroccio: un carro con due ruote piuttosto grosse e cerchiate, col pianale non tanto largo e due stanghe sul davanti alle quali era attaccata una bestia da tiro, solitamente un cavallo. Per questo tipo di lavoro venivano scelte le bestie più grosse e forti, cavalli dalle gambe robuste.
Sotto il barroccio c'era sempre una cesta, con pane e acqua per il barrocciao, una lanterna per la notte, un sacco grosso per il fieno e uno piccolo, spesso attaccato al collo del cavallo, con la biada; quest'ultimo veniva quasi sempre cucito dalle donne, con lenzuola ormai consumate, che non venivano più usate.
Il barroccio doveva essere targato e sulla targa doveva comparire il nome e cognome del proprietario nonché il pagamento dell'ultimo bollo.
Euro, figlio di Giusti Brunetto del Cieo di Ghezza, ci racconta che i barrocciai partivano la mattina presto e ritornavano la sera tardi, se si addormentavano durante il ritorno, il cavallo, "puoi starne certo", li riportavano a casa.
Una volta, due barrocciai si fermarono come usavano sovente fare dopo aver scaricato la merce, alla Locanda dei tre Moschettieri in zona Salviano (l'altra Locanda in voga a quel tempo era la Locanda del Civili), entravano e chiedevano: "un ponce a me e un secchio al cavallo!" da intendere, che erano pronti a bere tanto. Ebbene, in questa occasione i due ne bevvero talmente tanto che si sbronzarono ben bene, ed i clienti della locanda furono costretti a caricarli di peso sul barroccio e li rispedirono a casa. Siamo certi che arrivarono a destinazione! Perchè il cavallo ti riporta sempre a casa! Peccato che avevano invertito i proprietari, per cui il barrocciaio del Gabbro fu spedito a Castelnuovo e viceversa. Povero!!!! Il Gabbrigiano, che si prese tutte le botte dalla moglie del collega, che, credendo fosse suo marito e vedendolo rietrare ubriaco, lo menò di santa ragione!
Anche il lavoro dei Barrocciai era scandito dalle stagioni:
- d'inverno trasportavano legna, fascine, stipe, ciocchi per costruire pipe, carbone e canne; spesso trasportavano la merce in città a Livorno, ma anche in posti più lontani come Montecatini, dove portavano il sughero e ritornavano con un sacco pieno di tappi.
La stipa femmina, più tenera, veniva raccolta per costruire le scope o granate. Al Gabbro c'erano due donne molto brave (Ilia Cioni e la sua sorella Ivania); i barrocciai portavano a lei la stipa e una volta costruita la scopa, questa veniva venduta a Livorno oppure, come faceva il Rosso d'Aille, alla vetreria di Pisa.
Le canne invece venivano trasportate a Nibbiaia per le vigne; lì infatti, territorio coltivato prevalentemente a vite, non nascono le canne perchè crescono solo lungo i botri.
- in primavera trasportavano fieno in città, nella zona di Salviano, via Toscana e zona Salesiani dove c'erano tanti ortolani. I barrocciai portavano loro il fieno per nutrire le bestie e la paglia da compattare, cioè da usare come lettiera.
Questa merce veniva venduta a peso per cui, Giusti Brunetto del Cieo di Ghezza si fermava a Fonte all'Amore, riempiva d'acqua una grande damigiana e ordinava a suo figlio Euro di bagnare la paglia in modo da appesantirla un pò... furbi questi barrocciai....
Il Granturco veniva seminato ad aprile nella zona di Pian dei Grilli, la zona pianeggiante vicino alla via Emilia, raccolto a giugno e anche questo trasportato spesso a livorno.
- in estate, era periodo di grano, caricavano le manne e le trasportavano sull'aia, dove venivano lavorate in modo da raccogliere i chicchi di grano che successivamente portavano al mulino.
- l'autunno invece era il momento della vendemmia, si caricavano le Corbella (grandi ceste di vimini) che contenevano 120/130 Kg di uva e venivano trasportate alle cantine. Nel Paese del Gabbro le cantine erano in Piazza Cavour, Venezia e Via Chiasso, mentre nelle case dei contadini erano al piano terra, nella zona più fresca della casa alla quale si accedeva tramite il Cigliere (una stanza ad uso magazzino, per ricoverare attrezzi, fare riparazioni, depositare scarpe da lavoro e tutto ciò che serviva per lavorare la terra, ma anche usata come dispensa per stagionare i cibi).
Figura particolare era lo Stramutino, come il Rosso D'Aille; Euro ci racconta che nei primi anni 70, il Rosso era già anziano e il barroccio era entrato in disuso escluso che per lui. Euro lo trovò in mezzo alla macchia con un grande carico di legna sulle spalle e venutogli incontro per aiutarlo, il Rosso si fermò esclamando: Grazie per l'aiuto ho un dolorino alla spalla! Euro era sbalordito; il Rosso dimostrava di avere gran forza e resistenza, era sceso a fare legna in posti inaccessibili e impervi perfino ai muli e aveva trasportato sulle spalle, per un lungo tragitto, almeno 60 Kg di legna.
Alla sera al ritorno dal lavoro i Barrocciai spesso andavano a bere vino con gli amici in Paese e come al solito, un bicchiere tira l'altro, si ubriacavano e finivano a "scazottate"; così racconta Euro, gli uomini Gabbrigiani erano abbastanza maneschi, forse per le fatiche, forse perchè c'erano tanti reduci della guerra del 15-18, il fatto è che se le davano di santa ragione!
Fra i barrocciai famosi di Castelnuovo troviamo: Polido chiamato Buiore (Ippolito Pizzi), Ghinea (Ferretti Arnaldo), Paolino (Paolo Potenti) e Tognio ( diminutivo di Antonio Braccini).
Come i barrocciai del Gabbro si dirigevano spesso a Livorno e anche oltre come Pisa Lucca, più vicino a Castiglioncello e Solvay. Ogni barroccio se ben caricato come riusciva fare a  Polido chiamato Buiore, trasporatva fino a 15 quintali di fieno, in pratica si intravedeva solo il muso del cavallo!
In tempo di guerra i barrocciai venivano chiamati anche per il trasporto delle armi e sopratutto delle mine, dalla stazione ferroviaria di Rosignano Solvay al centro di raccolta militare di Cecina.
Buiore, che fu chiamato come tutti gli altri per il trasporto di questa merce, non sapendo di cosa si trattasse si recò a Rosignano. Una volta accortosi del tipo di carico richiesto, portò a compimento la prima missione, ma durante il ritorno, prese la via del paesello e venne a nascondersi sotto le arcate del Ponte Romano per ben tre giorni e tre notti insieme alla cavalla lola. Amulio, che lo aveva incaricato per questo trasporto, lo fece cercare e lui stesso lo cercò per tutto il paese e in ogni casa! Ma Polido spari, così, all'improvviso, senza dire niente a nessuno, neanche la moglie Margherita meglio nota come Maghe, sapeva dove poteva essere andato, fatto sta, che lo rividero quando non c'erano più trasporti bellici da fare.  
Nilo figlio di Ghinea ci spiega che il nome "Ghinea" fu un' idea di suo nonno che per gioco, chiamava in questo modo il figlio, perchè era scuro di carnagione come scuro era il tessuto di Ghinea. Nilo ci racconta che suo padre trasportava prevalentemente fascine per i forni che panificavano nella zona di Rosignano M.mo e di Castelnuovo, mentre in estate trasportava sassi che raccoglieva nei botri e servivano a ricoprire le strade. Ci ricorda che la via Emilia fu asfaltata nei primi anni 60 e fino ad allora tutte le vie erano formate con i sassi.

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