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I Mulini ad acqua
In generale i mulini ad acqua (o idraulici) si distinguevano in base alla tipologia delle ruote: mulino a ruota orizzontale e mulino a ruota verticale (detto anche “Vitruviano”).
Nel primo, la ruota ("ritrecine") era posta orizzontalmente al terreno ed alloggiava in un locale denominato "carcerario", ubicato nella parte inferiore dell'edificio. La ritrecine, mossa dalla spinta dell'acqua, imprimeva il movimento all'organo macinante costituito da due mole (il "Palmento"), una inferiore fissa ("sottana") ed una superiore mobile ("soprana"); quest'ultima, essendo solidale con la ritrecine, faceva il suo stesso numero di giri (rapporto 1:1).
Nel secondo, la ruota era posta ortogonalmente al terreno ed alloggiata in una fossa detta "borgonaio". Essa trasmetteva il movimento ad un sistema di ingranaggi disposto a 90° (coppia ruota dentata – lanterna); in tal modo avveniva il cambiamento di piano nel movimento di rotazione e, al tempo stesso, la "moltiplicazione" del numero dei giri da trasmettere alla macina (es. con 60 denti della ruota e 12 fuselli della lanterna, ogni giro della ruota verticale sviluppava 5 giri di mola). Talvolta, nella disposizione lungo l’asta torrentizia, potevamo avere due o più mulini vicini tra loro, in questi casi il mulino a monte era chiamato "principale", quello sottostante, che lavorava con l'acqua di rifiuto del precedente, era significativamente chiamato "ripresa".
Nel territorio livornese i più diffusi furono i mulini a ruota orizzontale, più adatti a sfruttare le modeste portate delle risorse idriche locali. A questa regola non facevano eccezione i mulini del Parco Culturale di Camaiano, tutti a “ritrecine, salvo il Mulino di Bucafonda, l'unico impianto a ruota verticale del quale rimane una testimonianza materiale in tutto il territorio dei Monti Livornesi. Grazie alla maggiore potenza sviluppata dalla ruota verticale questo mulino, azionato esclusivamente dalla forza dell'acqua, fu l'ultimo a cessare l'attività (1946).
I Mulini del Botro Sanguigna
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